Cosa ha significato essere Welfare Manager ai tempi di Covid19? Negli ultimi 4 anni ogni convegno, ogni percorso formativo e ogni pubblicazione sul Welfare Aziendale ha aperto l’argomento partendo dalla legge di stabilità dell’anno 2016 e dai successivi interventi normativi, che hanno permesso alle aziende di erogare servizi welfare grazie ad un aggiornamento degli articoli 51 e 100 del Tuir e la convertibilità dei premi di produttività in welfare.
Su quest’onda di risparmi fiscali e maggiore liquidità sono nate molte iniziative e opportunità di lavoro, il numero dei provider di welfare aziendale è aumentato vertiginosamente e si è proceduto a codificare competenze e ruoli professionali specifici come quello del Welfare Manager.
Non sono mancate discussioni nel merito di cosa fosse il Welfare Aziendale, sul suo vero significato, e se eticamente fosse giusto che un abbonamento in palestra avesse le stesse agevolazioni fiscali dei servizi educativi, di cura e delle spese sanitarie.
Questo universo fatto dunque di defiscalizzazione, servizi, voucher, premi, viene oggi improvvisamente congelato dalla situazione contingente in cui il fermo delle attività della maggioranza delle aziende pregiudica la liquidità, anche per pagare gli stipendi in taluni casi, e difficilmente l’anno prossimo le aziende avranno profitti e premi da distribuire.
Da qui la domanda: il welfare aziendale è finito qui? E adesso che ruolo ha il Welfare Manager? Quali sono le sue emergenze? Cosa può fare per essere concreto nella sua attività in azienda?
Il Covid 19 ha sconvolto, insieme alle attività di produzione e commercio, anche i piani di benessere organizzativo frutto di attente analisi e ricognizioni di bisogni fatte in tempi normali.
Negli ultimi mesi abbiamo visto come lo smartworking sia passato dall’essere una scelta di poche aziende virtuose ad obbligo di legge, come molti flexible benefit relativi a viaggi e ristoranti e palestre siano diventati inutilizzabili per la chiusura dei servizi per tempo libero e ristorazione.
Gli stessi servizi di cura, istruzione per figli e famigliari a carico hanno avuto una contrazione e dai panieri delle famiglie sono sparite spese come i dopo scuola, le mense scolastiche e i corsi sportivi.
La situazione contingente è caratterizzata anche dalla permanente situazione di suspence data dai bollettini dei contagi e di decreti che tardano ad uscire con anticipazioni piene di contraddizioni.
In questo periodo pieno di incertezze il Welfare Manager ha avuto la possibilità di dimostrare di non essere solo un orpello per grandi aziende in momenti in cui va tutto bene, ma piuttosto di essere decisivo anche quando si pensa che andrà tutto male.
Secondo la codifica del QRSP di Regione Lombardia le competenze chiave del Welfare Manager sono quelle di progettazione, sostegno ai responsabili delle risorse umane nelle attività di negoziazione e monitoraggio; ma in questi ultimi mesi molti paradigmi organizzativi sono saltati, le finanze si sono contratte e i parametri e i progetti da monitorare sono privi di valore.
La conciliazione vita-lavoro è cambiata perché è cambiato il modo di lavorare, e così velocemente che i progetti di smartworking sono stati improvvisati e non progettati; in alcuni casi sono stati attivati piani di welfare che compensassero la cassa integrazione ma sono stati rari.
Il Welfare Manager in questi mesi ha dovuto studiare i decreti, capire come la gente avrebbe potuto continuare a lavorare, ascoltare nuovi bisogni emergenti come ad esempio lo stress digitale dello smartworking, comprendere il funzionamento di bonus baby sitter e misure connesse ai congedi parentali.
Enti pubblici e privati hanno sviluppato nuove proposte (vedi Dalle emergenze nascono nuovi modi di rispondere a bisogni di cura e La cura non si ferma) che il Welfare Manager ha dovuto valutare velocemente, sapendo che si trattava solo di provvedimenti temporanei e privi di orizzonte.
I mesi del Covid 19 sono stati i mesi in cui il Welfare Manager ha dovuto aggiornarsi e improvvisare a ritmi altissimi ed enti pubblici e privati, anche i più riluttanti, hanno dovuto interrogarsi per far funzionare il lavoro a distanza, hanno imparato a fidarsi dei propri collaboratori anche se non presenti in ufficio e porsi il problema che le persone che hanno figli dovranno essere supportati nei mesi estivi per poter conciliare famiglia e lavoro.
Nei prossimi mesi il welfare manager avrà dunque un ruolo ancora molto importante nel valorizzare le nuove competenza acquisite, nell’emersione dei nuovi bisogni e nel supportare l’impresa verso modelli organizzativi più flessibili e innovativi.