Leggendo il Protocollo Nazionale Sul Lavoro In Modalità Agile , si ha una sensazione sostanziale di conferma di quanto fin qui auspicato, di pulizia rispetto a prima e di maggior incisività di alcuni aspetti, che dopo l’esperienza della pandemia richiedevano non tanto una riscrittura della legge 81 del 2017 ,quanto una più corretta interpretazione dei suoi intenti.
Senza voler commentare ogni singolo articolo proviamo a portare in evidenza alcuni elementi che destano maggior interesse.
Art. 3 comma 5 (Organizzazione del lavoro agile e regolazione della disconnessione)
“Nei casi di assenze c.d. legittime (es. malattia, infortuni, permessi retribuiti, ferie, ecc.), il lavoratore può disattivare i propri dispositivi di connessione e, in caso di ricezione di comunicazioni aziendali, non è comunque obbligato a prenderle in carico prima della prevista ripresa dell’attività lavorativa”
Non si capisce l’intento e la necessità di scrivere una cosa che dovrebbe essere così ovvia, poiché quando un lavoratore è in assenza legittima, è chiaro che è esente da obblighi di lavoro, ci si chiede quindi se si sia dibattuto in sede di contrattazione su questo aspetto e quali siano state le posizioni nel merito.
Essendo inoltre specificato nell’ Art. 2 al punto f che il diritto alla disconnessione deve essere assicurato in sede di accordo individuale, la precisazione lascia oltremodo perplessi.
Art. 5 (Strumenti di lavoro)
Come strumenti di lavoro si fa riferimento esclusivamente agli strumenti tecnologici, escludendo di fatto sedie ergonomiche, lampade da scrivanie e in generale non si fa menzione di rimborsi spese per costi legati a energia elettrica, riscaldamento e condizionamento dell’aria.
Al comma 2 è resa più esplicita la possibilità di utilizzare strumentazione personale, laddove non fornita dal datore di lavoro “Laddove le parti concordino l’utilizzo di strumenti tecnologici e informatici propri del lavoratore, provvedono a stabilire i criteri e i requisiti minimi di sicurezza da implementare e possono concordare eventuali forme di indennizzo per le spese”, indennizzo che rimane ancora molto complicato sul come debba essere gestito senza incorrere in sanzioni e a tal proposito si rimanda alle risposte dell’Agenzia delle entrate.
Si vedano:
Art. 9 (Parità di trattamento e pari opportunità)
comma 1
“Ciascun lavoratore agile ha infatti diritto, rispetto ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dei locali aziendali, allo stesso trattamento economico e normativo complessivamente applicato, anche con riferimento ai premi di risultato riconosciuti dalla contrattazione collettiva di secondo livello, e alle stesse opportunità rispetto ai percorsi di carriera, di iniziative formative e di ogni altra opportunità di specializzazione e progressione della propria professionalità, nonché alle stesse forme di welfare aziendale e di benefit previste dalla contrattazione collettiva e dalla bilateralità.”
In aggiunta a quanto già previsto all’art 20 comma 1 della legge 81, nel protocollo si specifica che il lavoratore continuerà a percepire nella medesima forma i benefici del Welfare Aziendale se previsti dalla contrattazione collettiva e dalla bilateralità, non citando però come ci si debba comportare in caso di piani di Welfare in forma unilaterale e manca di una specifica doverosa sull’erogazione dei buoni pasto per il lavoratore in smart working, questione su cui ogni azienda si è regolata come ha ritenuto opportuno, e nel merito si è dovuto esprimere anche il Tribunale di Venezia.
Comma 2
“… logica di favorire l’effettiva condivisione delle responsabilità genitoriali e accrescere in termini più generali la conciliazione tra i tempi di vita e i tempi di lavoro…”
Benché già inserito nello spirito della legge 81, nel protocollo i temi della conciliazione vita-lavoro, parità di genere e la pari responsabilità genitoriali, assumono un carattere ancora più profondo nelle motivazioni di un’impresa privata per implementare il lavoro agile.
Art. 10 (Lavoratori fragili e disabili)
Lo smartworking diventa uno strumento importante per consentire anche alle fasce deboli di lavoratori per lavorare senza gli impedimenti dovuti dal raggiungimento del luogo del lavoro; è opportuno però valutare bene situazione per situazione, al fine di evitare che lo smartworking diventi una sorta di telelavoro e l’occasione di inserimento nella società tramite il lavoro, diventi invece una situazione di emarginazione.
Art. 11 (Welfare e inclusività)
Lo SmartWorking, come già nell’Art. 9, viene collocato fra gli strumenti del welfare aziendale, che deve essere considerato e trattato insieme a tutti gli strumenti di conciliazione previsti nella contrattazione bilaterale. Il Lavoro agile viene quindi considerato a tutti gli effetti una componente del benessere organizzativo.
I successivi articoli del protocollo sono piuttosto ardui da analizzare in quanto sembra trattarsi soprattutto di consigli e buone intenzioni che però non danno veramente sostanza, né tantomeno indicazioni puntuali.
In tema di formazione (Art. 13), si fa riferimento a diverse azioni che “si ritengono”, “si conviene”, ma ad eccezione della formazione sulla sicurezza già di per sé obbligatoria, non vengono date indicazioni particolari sui temi da affrontare (nuove tecnologie, diritti e doveri del lavoratore agile, lavoro per obiettivi), né tantomeno vi sono nuovi obblighi e sanzioni specifiche.
C’è un cambio di prospettiva importante nell’intento di istituire un Osservatorio presieduto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali o da un suo delegato (Art. 14) e la convergenza (Art. 15) sulla “necessità di incentivare l’utilizzo corretto del lavoro agile anche tramite un incentivo pubblico destinato alle aziende che regolamentino il lavoro agile con accordo collettivo di secondo livello, in attuazione del presente Protocollo e dell’eventuale contratto di livello nazionale, stipulati ai sensi dell’art. 51 del d.lgs. n. 81/2015, che ne prevedano un utilizzo equilibrato tra lavoratrici e lavoratori e favorendo un’ottica di sostenibilità ambientale e sociale”; il rischio è quello di ingessare una formula propriamente “agile” e flessibile come quella prevista dalla legge 81/2017, pensata per plasmarsi ad ogni tipo di realtà imprenditoriale, preferendo formule di contrattazione collettiva che impedirebbero l’immaginazione di modelli organizzativi innovativi e votati alla competizione.
La grande assente: la COMPETITIVITÀ
L’incipit dell’art 18 della legge 81 è perfettamente equilibrato nel parlare di competitività e conciliazione: “allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”. Invece, nel protocollo, se la conciliazione vita lavoro ha acquisito una posizione importante per implementare il Lavoro Agile, poco è leggibile al fine di dare spazio al tema della produttività e dei modelli organizzativi più performanti, fatti di obiettivi ben definiti e pianificazione del lavoro.
Temi come la leadership, la flessibilità organizzativa, la capacità di lavorare per obiettivi e la revisione dei processi organizzativi in ottica di gestione snella dell’impresa, sono solo sfiorati nell’introduzione al testo ma mai approfonditi nel 16 articoli del documento
Il testo del Protocollo, in conclusione, non aggiunge e non toglie nulla ai contenuti espressi nella legge 81/2017, ne potenzia gli aspetti di tutela dei lavoratori e le opportunità di interpretare lo smartworking ai fini della conciliazione, del benessere organizzativo e di una migliore sostenibilità ambientale, allo stesso tempo però ne vengono trascurati gli effetti propulsivi che potrebbe avere sull’innovazione dei processi organizzativi e sulla competitività delle imprese.