parità di genere

È apparsa sulla stampa negli ultimi giorni, la notizia che il Comune di Milano stia studiando un meccanismo di premialità nelle gare pubbliche che possa consentire di riconoscere un merito alle aziende che hanno fatto passi concreti per la parità di genere nelle loro organizzazioni.

Un’iniziativa importante sul tema del lavoro delle donne che l’Amministrazione comunale ha annunciato all’incontro su “Certificazione di genere, politiche per l’occupazione ed empowerment femminile” alla presenza della Ministra per le Pari opportunità Elena Bonetti.

Sono parecchi anni che circola l’idea di concretizzare una certificazione di genere, qualcuna forse ricorderà ad esempio il “Bollino Rosa SONO – Stesse Opportunità Nuove Opportunità”, il progetto di certificazione di qualità di genere varato nel 2007 in occasione dell’Anno europeo delle pari opportunità per tutti, poi tramontato al pari di altre iniziative simili.

Ma per tornare ai giorni nostri, nel corso del 2021 abbiamo visto modificare il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna del 2006, attraverso la legge 162/2021 in vigore dal 3 dicembre, che prova così a invertire la rotta sul ritardo femminile nella partecipazione al mercato del lavoro in Italia e a ridurre le differenze sul piano retributivo e di crescita professionale tra i due generi. E ancora, abbiamo visto tra le misure che il Governo ha inserito nel PNRR apparire proprio la certificazione di parità, nella missione 5 «Inclusione e coesione», tra le politiche per il lavoro, con un budget di 10 milioni di euro.

Anche il “bonus di genere” annunciato dal Comune di Milano vuole perseguire l’obiettivo di incentivare le imprese ad adottare politiche mirate a ridurre il divario di genere, a gestire le differenze di genere in azienda a partire dagli eventi di maternità, a rilanciare le opportunità di carriera delle donne, a garantire parità salariale a parità di mansioni riducendo così l’annoso problema del gender pay gap.

Queste misure ci restituiscono, qualora ce ne fosse il bisogno, la misura di quanta strada resta ancora da fare per raggiungere reali pari opportunità tra uomini e donne sul lavoro.

Sempre più donne – e sempre più qualificate – entrano e restano con continuità nel mercato del lavoro, ma le loro posizioni nelle organizzazioni economiche, istituzionali e politiche rimangono ancora svantaggiate rispetto alle posizioni maschili, in molti contesti.

Le norme e i finanziamenti sia a livello europeo, che nazionale o locale, hanno incentivato politiche e pratiche volte al raggiungimento di pari opportunità di genere, in particolare nei luoghi di lavoro, superando nel tempo l’ottica di mera tutela delle lavoratrici.

Oggi, nelle culture organizzative più avanzate, la questione della valorizzazione del lavoro femminile esce dalla marginalità che l’aveva caratterizzata in passato, diventando una questione di rilievo strategico delle politiche aziendali di gestione delle risorse, inserendosi a pieno titolo nelle esperienze di Diversity management.

Tende infatti ad affermarsi, anche in Italia, nelle organizzazioni più innovative uno stile manageriale che investe sulle differenze del personale – tra cui quelle legate al genere – facendole diventare un elemento positivo per le stesse organizzazioni.

Si viene pertanto a creare una convergenza tra l’obiettivo aziendale di ottimizzare le proprie risorse, valorizzando le diverse competenze e le specificità dei soggetti e l’esigenza delle lavoratrici di vedere riconosciute le proprie competenze e specificità.

La valorizzazione e lo sviluppo delle potenzialità femminili è passato, dunque, per le aziende, dall’essere un onere dovuto per una questione di equità tra i dipendenti al diventare un fattore di crescita produttiva. Nel contempo, le lavoratrici possono ambire ad un riconoscimento delle loro capacità e competenze, come un qualunque altro lavoratore, senza sentirsi le destinatarie di interventi specifici di riparazione di un ‘naturale’ svantaggio.

Perché si possa affermare pienamente un Diversity management, in molti contesti aziendali è necessario innovare la cultura organizzativa dei responsabili e il modo di vivere il proprio ruolo professionale, le relazioni di lavoro, il rapporto con il potere delle lavoratrici e dei lavoratori.

Occorre, in sintesi, fare “palestra di parità”

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Marialuisa Di Bella

Welfare Manager FareWelFare