Crisi, shock, inizio di un declino o transizione? L’interpretazione del presente è cruciale per decidere cosa fare nel futuro. Se pensiamo che questa sia una crisi, la strategia migliore è quella di aspettare che finisca rivolgendo lo sguardo al passato, in attesa di nuove normalità. Se, invece, pensiamo che questo sia uno snodo che richiede la progettazione di un futuro diverso, è il momento per pensare e creare le precondizioni che ci consentano di migliorare. Questo è un periodo che amplifica i problemi e le questioni in gioco sono molte: la differenza tra smart working ed home working, il rapporto tra quantità di connessioni e qualità di relazioni, la sconfitta delle visioni parziali (mediche, economiche, giuridiche) e la necessità di competenze integrate sulla persona. Ci sono poi questioni tipiche del welfare; tra queste, il ruolo dello stato sociale e la possibilità di abbinare alle erogazioni monetarie servizi di inclusione.
Sullo stato sociale, i paladini del liberismo e dello stato minimo si sono generalmente ricreduti ed ora appare chiaro ai più che il welfare assistenziale sia parte essenziale della modernità e che non vi possa essere sviluppo senza diritti. Il problema tuttavia non è semplice da risolvere: da un lato, infatti, bisogna potenziare i supporti relazionali, per limitare solitudine e isolamento; dall’altro, emerge chiaramente il limite di un sistema che o cura o previene; ne pagheremo le conseguenze in termini di mancate diagnosi di malattie che non sono state individuate per tempo a causa dell’emergenza. Avremmo peraltro potuto leggere con maggior cura i dati Eurostat sulla spesa sanitaria pro capite, che ci collocano nella fascia bassa dei paesi economicamente evoluti.
Il secondo tema che emerge è quello dell’economia personale: in poco tempo, infatti, alcuni hanno compreso che quel che hanno in casa basta e avanza ma molti cittadini si sono scoperti vulnerabili e sono scivolati verso la fragilità a causa della mancanza di riserve. I cittadini ed i lavoratori fragili non necessitano solo di denaro di emergenza ma anche di una bussola che li aiuti a gestire al meglio l’esistente e tirarsi fuori pian piano dalle secche, iniziando dalla razionalizzazione delle spese quotidiane e dalla gestione dei debiti. Per mettere ordine agli “armadi” dell’economia personale ci vogliono programmi di educazione finanziaria basati su accompagnamento individuale e simulazioni personalizzate, fruibili anche a distanza grazie a tecnologie che, se ben utilizzate, possono supportare i servizi di welfare. L’educazione finanziaria è un servizio personale che protegge e promuove stabilità individuali e collettive. L’aumento di vulnerabilità e fragilità di questi mesi ci mostra che le azioni di supporto all’economia personale ieri erano importanti, oggi sono anche urgenti.
Sergio Sorgi Presidente, eQwa