Il welfare aziendale è uno dei fattori in espansione nel panorama italiano, da quando il legislatore ha scelto la via dell’incentivazione fiscale e contributiva per spingere le aziende in quella direzione.
In quale scenario ci si muove, dunque, iniziando questo nuovo anno?
Il Legislatore ha confermato, negli ultimi mesi del 2017, la sua volontà di sostenere la diffusione del welfare aziendale nelle aziende di ogni settore e dimensione, attraverso:
- il Decreto interministeriale del 12 settembre 2017, che riconosce per il biennio 2017-2018 sgravi contributivi ai datori di lavoro privati che prevedano, nei contratti collettivi aziendali, istituti di conciliazione tra vita professionale e vita privata dei lavoratori. Viene espressamente previsto il welfare aziendale come area di intervento, in particolare nella forma di convenzioni per l’erogazione di servizi time saving, convenzioni con strutture per servizi di cura, buoni per l’acquisto di servizi di cura;
- la Legge di Bilancio 2018, che inserisce le spese per il trasporto pubblico nel paniere di prestazioni di welfare previste dal comma 2 dall’art. 51 del La nuova lettera “d-bis” prevede l’esclusione dal reddito di lavoro di quelle somme erogate o rimborsate dall’azienda, alla generalità o a categorie di dipendenti, per l’acquisto di abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale. Le aziende, dal canto loro, potranno contare sulla deducibilità delle spese sostenute per pagare o rimborsare gli abbonamenti di bus, tram, metro e treno in misura totale o parziale a seconda della natura del piano di welfare, unilaterale o contrattuale.
In sintesi, nel 2018 le imprese italiane hanno a disposizione qualche misura in più per usufruire di concrete agevolazioni fiscali e contributive.
Anche a livello locale si registra un’attivazione di attori, pubblici e non, che nella cornice delle norme e degli approcci nazionali, promuovono iniziative aventi come focus il welfare nel suo complesso e l’accompagnamento al welfare aziendale come area dei piani di intervento. Si tratta di un cambiamento recente rispetto all’approccio tradizionale ai temi del welfare, che sta spostando verso le comunità locali e i territori alcune scelte su questi temi. Possiamo osservare, in primo luogo, le Reti Territoriali per la Conciliazione vita-lavoro. Come esempi di territori e pratiche molto diverse, riportiamo che in Lombardia per il biennio 2017-2018 sono state finanziate 8 Reti Territoriali al cui interno le Alleanze Locali da qualche mese stanno realizzando azioni sui territori, per cui si attendono dei bandi a breve su interventi che riguarderanno le imprese del territorio; in tutt’altra area geografica, la Regione Calabria ha pubblicato un bando destinato alle Reti Territoriali locali i cui termini di partecipazione scadono proprio a gennaio 2018.
Volgendo lo sguardo al livello delle imprese, malgrado il prezioso contributo delle ultime ricerche realizzate (una per tutte, il Rapporto Welfare Index PMI) e il monitoraggio degli osservatori sulla contrattazione di secondo livello che in ambito sindacale registrano gli accordi aziendali, non è per niente semplice stimare il livello e le forme di diffusione del welfare aziendale in Italia e il numero dei dipendenti che ne beneficia.
Lo spunto interessante è che ormai non passa giorno senza trovare pubblicata sui media o sul web una notizia centrata su questo tema o su temi affini, quale ad esempio lo smart working. L’interesse su questi temi è cresciuto molto negli ultimi due anni, e le imprese sono più permeabili alle considerazioni sui vantaggi strategici connessi al welfare aziendale. Anche il numero e il bacino di utenza dei provider, cioè delle società che offrono pacchetti di welfare personalizzabili attraverso un portale che consente l’accesso ai servizi suddivisi per aree di intervento, è cresciuto.
Quali criticità permangono allora in questo panorama positivo?
Probabilmente, da questo punto di vista, una riflessione va fatta sulle PMI, che costituiscono la stragrande maggioranza del tessuto produttivo italiano e per le quali strutturare un piano di welfare presenta maggiori insidie e resistenze (informazione corretta, costi, risorse finanziarie, risorse organizzative, massa critica di dipendenti, dialogo con le parti sociali, etc.). Pare che, per il momento, lo strumento pensato appositamente leggero del voucher non abbia trovato tanta diffusione come si pensava.
Proprio le PMI rappresentano i soggetti sui quali si gioca la scommessa sul welfare aziendale e l’opportunità di colmare in parte il gap in materia di diritti e protezione dei lavoratori delle piccole e delle grandi aziende.