“Lo smart working semplificato scade il 31 marzo. Senza deroghe si torna in ufficio” titolava il 19 gennaio 2021 il Corriere della sera, commentando l’intenzione del Governo di fissare al 31 marzo per le imprese private e al 31 gennaio per la Pubblica Amministrazione il termine ultimo per avvalersi dello Smart Working con la procedura semplificata.
Ma, come prevedibile, i termini sono stati ulteriormente prorogati al 30 aprile per tutti dalla Legge 26 febbraio 2021, n. 21 di conversione del c.d. Decreto Milleproroghe: “I termini previsti dalle disposizioni legislative di cui all’allegato 1 sono prorogati fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e comunque non oltre il 30 aprile 2021, e le relative disposizioni vengono attuate nei limiti delle risorse disponibili autorizzate a legislazione vigente”.
È un fatto però che non si capisce più pienamente il senso di queste proroghe, visto che il Lavoro Agile come diffuso oggi è una modalità di lavoro che nasce da due presupposti: il primo, quello sancito dalla legge 81/ 2017 “allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”, il secondo, quello nato dai DPCM del 2020 al fine di contenere la diffusione dell’emergenza epidemiologica in atto nei luoghi di lavoro e sui mezzi pubblici.
L’intento della normativa sul lavoro agile è sempre stato quello di ripensare i processi di lavoro, passando dal dove si lavora al come si lavora, da un rapporto fra azienda e dipendente fatto non più di controlli sulla presenza in ufficio ma da un rapporto di fiducia, responsabilità e capacità di lavoro in autonomia.
Il lavoro realizzato in modalità home-working dovrebbe aver insegnato al mondo produttivo e della pubblica amministrazione che il lavoro è andato avanti grazie alla capacità delle persone di responsabilizzarsi sugli obiettivi, di comunicare a distanza e sperimentare tecnologie prima poco utilizzate. Il 2020 è stato quindi un anno di grande apprendimento dal punto di vista organizzativo e tecnologico ed è quindi arrivato il momento di sfruttare queste esperienze per uscire da una forma emergenziale del lavoro ed entrare in una forma più strutturata.
In quest’ottica, la nuova proroga trova poche giustificazioni per appellarsi ad un carattere di “emergenza”: come è infatti possibile che PA e aziende non abbiamo ancora fatto una riflessione che permetta loro di regolamentare il lavoro agile nel proprio contesto anche solo in termini di sperimentazione?
Poiché l’emergenza sanitaria non ha una scadenza predeterminabile, o si evita di dare scadenze ogni 2 mesi, oppure si invitano aziende e PA a regolamentare lo smartworking come previsto dalle norme vigenti.
Per le aziende che ancora non hanno approfondito come realizzare il Regolamento di Smartworking e gli Accordi individuali è bene ricordare che:
- il Regolamento aziendale regola appunto le modalità dell’esecuzione del lavoro a distanza; le regole vengono stabilite dall’azienda preferibilmente ascoltando i bisogni dei dipendenti e senza necessariamente coinvolgere i sindacati;
- l’Accordo individuale si costruisce “tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”; in caso il lavoro agile causi insoddisfazione anche a solo una delle due parti è possibile il recesso.
In questo quadro, oggi è importante cominciare ad avere una visione più ampia dello sviluppo dell’organizzazione del lavoro, senza soffermarsi quindi sulle date dell’ultimo DPCM disponibile, ma raccogliendo quanto appreso in questo ultimo anno per non parlare più di emergenza ma di prospettive organizzative.