La domanda su cosa motivi un’azienda a conciliare vita e lavoro è di difficile risposta, non perché non ci siano ragioni per fare welfare, ma perché ce ne sono tante con tanto di dati ed esempi a supporto, forse troppi e scontati.
Nonostante ciò la percezione è che le aziende family friendly siano poche, casi sporadici e isolati in un mare di grandi, piccole e medie imprese che non “conciliano”, e non promuovono welfare aziendale e territoriale.
Ovvero cosa fanno?
Perché conciliare e promuovere Welfare sono di per sè un insieme di azioni che determinano un risultato e non uno stato di fatto: nella conciliazione vita e lavoro sta tutta la dinamicità dell’azienda, che cerca lavoro che deve essere svolto da persone, e persone che trovano soddisfazione ai propri bisogni attraverso il lavoro.
Dove un azienda ha tutto l’interesse a mettere insieme persone e lavoro, ha un intento conciliativo.
Sussiste quindi in fattore base che determina l’esistenza di un’azienda con le sue strategie di conciliazione vita e lavoro, che sviluppa in modo diverso a seconda dei contesti di riferimento
Dato per assunto che un’azienda concilia per definizione, il quesito è:
può permettersi un azienda di non conciliare?
Se non concilia cosa fa?
Ragionando per opposti se l’azienda non concilia crea conflitto ed un caso eclatante è quello dell’Ilva di Taranto in cui la salute pubblica era contrapposta alla salute se non vita della persone.
Ma l’errore che determina un’errata definizione di azienda che produce benessere e una che produce malessere sta proprio negli esempi eclatanti in cui si contrappongono Aziende che non rispettano norme contrattuali e di sicurezza con altre vistuose come la Ferrero, assolvendo in questo modo tutti quelli che confliggono meno di chi opera nell’illegalità, e togliendo merito a tutte quelle aziende che conciliano meno della Ferrero.
Il punto interessante è perché Ilva è diventata l’Ilva e perché la Ferrero è diventata Ferrero e quali azioni di un azienda sono orientate verso un polo piuttosto che l’altro.
Ricorre sempre il solito rischio però di pensarsi family friendly quando si costruiscono nidi aziendali, e di essere comunque meglio di chi avvelena l’aria e le acque: con il risultato di essere in un limbo che non concilia e non confligge.
Proviamo a fare un ipotesi che pone come aziende family friendly tutte quelle azioni che agiscono nella legalità e danno lavoro a un numero indefinito di persone: tanto basta a dare una posizione di partenza per moltissime aziende ad aumentare il livello di conciliazione e quindi benessere o aumentare il livello di conflitto e quindi di malessere.
Il secondo errore è nella ricerca di un’unica definizione di welfare/benessere, perchè a seconda di chi lo persegue cambia ogni volta, e in una situazione organizzata in cui collaborano più persone il suo significato può essere stravolto.
Quando la ricerca di benessere trova correnti contrastanti questo crea conflitto; il conflitto crea per alcuni benessereper altri malessere e il desiderio di rivalsa dei secondi a scapito dei primi; quindi nuovo malessere. Una comunità che produce malessere si svuota e muore e la ricerca di Benessere si sposta altrove. (delocalizzazione-fuga di talenti)
La volontà di conciliare vita e lavoro è innata nell’essere umano come la ricerca del Benessere,
A cosa riconduciamo il termine di benessere fra vita lavoro?
Soldi-successo-nuovi mercati-dare un istruzione ai figli-carriera-buone relazioni-prendersi cura di se-realizzare sogni, ecc…
Il conflitto nasce in azienda fra l’individuo e l’organizzazione nella diversa percezione di benessere e di come perseguirlo.
Un azienda con un CONCETTO DI BENESSERE condiviso pone le fondamenta, per attuare strategie di conciliazionevita e lavoro in modo stabile e sostenibile, il DIALOGO fra organizzazione, persone e territorio le da flessibilità e dinamicità nel perseguirle.
Avere una concezione condivisa di Benessere focalizza tutte le persone beneficiarie su obiettivi comuni, il dialogo fra le parti permette di gestire il cambiamento.
Più che chiedersi perché un’azienda debba avere una strategia di welfare, le domande sono:
Quale strategia di conciliazione vita&lavoro è in atto?
Produce Benessere per tutti gli attori coinvolti?
Quali alternative possono accrescere il livello di benessere e quali possono diminuirlo?
Quali interessi muovono un cambio di strategia?
Come possiamo percepire dei reali cambiamenti?
Quale il primo passo?