Paternità

Nell’articolo “sviluppare sensibilità nelle aziende rispetto al genere delle persone” abbiamo cominciato a interrogarci sul ruolo e sui benefici che possono avere le aziende nel supportare un cambiamento culturale che sia anche promotore dell’equilibrio di genere.

Il primo tema da approfondire riguarda i nuovi padri in azienda, ovvero come le aziende possono prepararsi al recepimento, entro il 2022, della Direttiva UE 2019/1158 del 20 giugno 2019 che obbliga a riconoscere 10 giorni di congedo di paternità ai padri, oltre ad estendere da uno a due mesi il periodo di congedo parentale non trasferibile da un genitore all’altro al fine di incoraggiare i padri a fruirne.

Si profilano, dunque, nuovi scenari nei quali immaginare importanti ruoli dell’azienda, quali:

– il sostegno dei lavoratori che desiderano ricoprire a pieno il ruolo di padre,

– il ridisegno di alcuni modelli in uso nei processi lavorativi,

– la promozione di quel cambiamento culturale che supera gli stereotipati ruoli di genere e diffonde maggiore benessere.

L’attuazione della Direttiva europea comporterà per i padri un’assenza dal lavoro di 2 settimane in occasione della nascita di un figlio. Per 10 giorni lavorativi i papà lavoratori saranno assenti, non saranno reperibili, non porteranno il lavoro a casa, faranno i papà, dedicandosi ai bisogni dei loro figli. Il congedo ha, infatti, come finalità quella di consentire un’instaurazione precoce del legame tra padre e figlio/a (creando l’attaccamento, come direbbe Bowlby,) e rinnovare il modello in cui la cura dei figli riguarda solo le donne.

In ottica di benessere ed attenzione ai dipendenti, l’azienda potrà diventare sostenitrice dei papà, e il primo cambiamento sarà quello di cominciare a pensare alla paternità ed alla maternità come eventi naturali tanto per le persone quanto per le aziende, e non marchiare l’evento di maternità come uno stop problematico e costoso nella vita organizzativa dell’azienda.

Dieci giorni di assenza dal lavoro non sono una durata tanto breve da fermare in un’azienda un processo lavorativo, né tanto lunga da far pensare ad una sostituzione per paternità; sarà quindi necessario fare in modo che l’organizzazione del lavoro preveda tali periodi nell’ordinario svolgersi dei processi lavorativi.

Cosa può fare l’azienda per prepararsi a questo cambiamento?

Sul fronte dei diritti e del sostegno, già in questi ultimi anni, mentre la normativa seguiva lentamente il suo corso da 2 a 5 e, da quest’anno, a 7 giorni di congedo obbligatorio, alcune aziende hanno anticipano i tempi, riconoscendo ad esempio ai neo padri: giorni di congedo di paternità in più, integrazione fino al 100% dello stipendio del trattamento di legge previsto per i congedi parentali, permessi per l’inserimento dei figli al nido, aspettativa non retribuita allungata sino ai 12 mesi.

Ma sul fronte organizzativo, un’analisi interna all’azienda potrebbe essere la strada per coinvolgere i lavoratori e le lavoratrici al fine di individuare insieme come sperimentare processi lavorativi che tengano conto di questo nuovo scenario in cui la gestione dei costi organizzativi, tradizionalmente associati all’assenza delle donne dal posto di lavoro in seguito alla maternità, va affrontata anche quando un dipendente diventa papà e non più solo quando una dipendente diventa mamma.

Anche se parliamo ancora di tempi di assenza diversi, è la strada lungo la quale per l’azienda avere un maggior equilibrio di genere diventa più conveniente. Anche l’attenzione alle soft skills, che sempre più si riconoscono alle donne come effetto della gestione della maternità, potrà posarsi sui nuovi padri.

Abbiamo ancora un paio d’anni per avvicinarci e prepararci a questa novità, pensando e sperimentando nuovi processi di organizzazione del lavoro e ridefinendo nuovi modelli di lavoro finalmente più liberi dagli stereotipi di genere.